Claudio MandolitiIl Liceo Classico "B. Telesio" si sa, esiste dal 1861 ed è stato sempre un luogo molto vivace dove, oltre che studiare, la migliore gioventù della città si è sempre incontrata per confrontarsi, dibattere e interagire sugli argomenti più importanti riguardante la società, la politica e il vivere quotidiano dell'ambiente cosentino. Nell'immediato secondo dopoguerra si è resa necessaria la costruzione di nuovi spazi, molto ampi, per continuare ad accogliere gli studenti della città che hanno continuato a vedere in questo ordine di studi classici, e in particolar modo in questo storico ambiente, il posto più stimolante per continuare i dibattiti iniziati decenni prima dai vari Padula, Albo e Misasi. Nella seconda metà degli anni 60, venne reso fruibile una grande e moderna struttura collocata in piazza XV marzo, al di sopra del Teatro comunale "A. Rendano", dotato non solo di aule, ma di laboratori scientifici, di una fornitissima Biblioteca, di una grande Palestra e di un altrettanto grande e funzionale Auditorium intitolato successivamente al grande politico acrese Antonio Guarasci, primo Presidente della Regione Calabria. E' in questo luogo che tutti gli studenti del Ginnasio e del Liceo si incontrano per i loro dibattiti, le loro assemblee e per tutti gli incontri che da sempre vi sono stati numerosi, per contribuire a quella crescita culturale garante della migliore formazione della futura classe dirigente della città. Nel corso degli anni si è resa necessaria la sua provvisoria chiusura per una profonda ristrutturazione, ad opera della Provincia di Cosenza che, con il suo Presidente di allora Mario Gerardo Oliverio, lo ha inaugurato nel corso del 2010. E' da allora che la struttura, da sempre del Liceo Telesio, non è più a disposizione del suo personale e dei suoi studenti, se non previa richiesta e lunghe attese agli Uffici competenti della Provincia. Per quale motivo uno spazio così importante per la vita scolastica degli studenti non può essere a loro disposizione per le numerose attività plenarie? Anche la Palestra "D. Ferraro" è stata ristrutturata e inaugurata nell'inverno del 2013, per fortuna consegnata alla Scuola per le regolari attività didattiche riguardante l'Educazione Fisica. Ci è andata bene! L'Auditorium è stato definito un importante sito per congressi e concerti, ma che bisogno c'è di tenere uno spazio del genere chiuso gran parte dell'anno per delle manifestazioni occasionali che sinceramente non se ne ravvisa la necessità, visto che questo genere di attività potrebbero tenersi nei tanti saloni che le Amministrazioni Provinciali e Comunali tengono rigorosamente chiusi o nei diversi teatri che si trovano tra l'altro nelle immediate vicinanze del Centro Storico (vedi Cine-Teatro Morelli, Tieri, Casa della Musica, solo per fare alcuni esempi). Sinceramente si rimane molto delusi, pensando a come il nostro primo cittadino, sempre attento alle problematiche urbanistiche della parte nuova della nostra città (sagrati e piste ciclabili) e alle esigenze delle classi meno abbienti che si trovano a vivere di stenti qua e la per la nostra periferia (ROM), possa disinteressarsi a tal punto da non aprire un sano dibattito e deliberare, affinché l'Auditorium "A. Guarasci" possa tornare ad essere usato liberamente dalla sua naturale popolazione. Insegnando in questo prestigioso Istituto dal 2001, ravviso forte la necessità dei colleghi, ma in primis degli studenti, di ritornare a utilizzare (con la consapevolezza del grande valore di questo posto e con un grande senso civico), l'Auditorium, nato come fondamentale appendice di questa importante Istituzione scolastica e che senza il suo uso appare mutilata e parziale.

Claudio Mandoliti

Docente Liceo “B. Telesio” – Buongiorno Cosenza

 

MugliaQuando intorno al 1240 (XIII secolo) Federico II di Svevia diede ordine ai suoi architetti militari di restaurare quello che restava del più importante manufatto architettonico della città di Cosenza, sicuramente si sarà raccomandato che venissero preservate le particolarità architettoniche dei Bizantini che lo costruirono, degli Arabi che lo occuparono e dei Normanni che ne rinforzarono le fondamenta. Sicuramente avrà preteso che venissero evidenziati lo stile e la storia della sua Famiglia come testimonia ancora oggi la splendida torre ottagonale. E fin qui la storia...... Dobbiamo altresì evidenziare che su questo splendido Castello anche la natura e le sue forze non sono state benevole, infatti, ben cinque terremoti si abbatterono su di esso lasciando profonde ferite: il terremoto del 1184 lo distrusse quasi completamente; quello del 1638 ne distrusse i piani superiori, e le torri; mentre quello del 1659 ne fece crollare le murature. Il terremoto del 1835 compromise i restauri effettuati dalla Chiesa e dai suoi Arcivescovi mentre quello del 1905 diede il colpo finale a tutto quello che di buono era stato realizzato. Ma più che la natura poté l’uomo........ Basti pensare che questo eccezionale monumento fu acquistato dal Comune di Cosenza con un’asta pubblica del 1883 e che gli unici lavori di recupero e restauro su di esso eseguiti sono stati la costruzione di un tetto (tegolato) per dare riparo all’appartamento dell’allora custode. E veniamo ai giorni nostri......... Nel 2007 veniva affidato al prof. Marco Dezzi Bardeschi dell’Università di Firenze il progetto di restauro del Castello Svevo e successivamente venivano appaltati i lavori alla Cooperativa Archeologica di Firenze che si impegnava a concluderli entro Giugno 2011. Senza entrare nel merito del ritardo (che sicuramente sarà dovuto a fattori che noi comuni mortali non potremmo MAI comprendere), finalmente sembra che i lavori siano in dirittura di arrivo e la città si prepara a riappropriarsi del suo monumento più rappresentativo; naturalmente assisteremo alla solita parata di politici e non, che a vario titolo si prenderanno il merito di aver restituito alla città di Cosenza dopo ben 132 anni IL CASTELLO!!!! Bene........... siamo contenti e ansiosi di vedere l’opera dal di dentro ed ammirare questo famoso restauro, perché di famoso si tratta, visto che ancora prima di aprire i battenti ed ammirarne la bellezza sta facendo discutere, da più tempo, i cittadini di Cosenza e gli amanti dell’arte in generale; più o meno da quando i Cosentini hanno visto spuntare da dietro le mura in pietra del Castello LA TORRE DELL’ASCENSORE!!!!!! Mi chiedo: “era proprio necessario?” E se si: “era proprio così che si doveva realizzare?” Io, umile cittadino cosentino, non so darmi una spiegazione tecnica e non la chiederei neanche al mio Sindaco, se questi fosse un medico o un avvocato, ma siccome NOI COSENTINI abbiamo la fortuna di avere un Sindaco Architetto - pertanto cultore del bello e della storia dell’arte - perdi più con provate esperienze internazionali, da Lui, mi sarei aspettato una spiegazione di quello che, agli occhi di tutti, è uno scempio architettonico, nonché un manufatto orripilante che offende la maestosità e l’austerità del Castello e la bellezza che si era tramandata nei secoli. Dal mio Sindaco Architetto mi sarei aspettato un’entrata a gamba tesa contro questa Soprintendenza che sicuramente ha dettato le linee guida di questo orrore e sicuramente spero che ci risparmierà il solito teatrino dei soldi che sono mancati, perché per un’opera che rappresenta l’emblema della città Bruzia i soldi se non ci sono bisogna trovarli a qualunque costo. Aspettiamo fiduciosi di vedere questo restauro dall’interno poiché indiscrezioni raccontano di coperture in ferro e pareti in vetro, che poco hanno a che vedere con la storicità del luogo. Sicuramente sarebbe stato opportuno investire la cittadinanza di quello che si stava realizzando, anche se questo avrebbe sicuramente comportato un ulteriore allungamento dei tempi per le lotte eterne tra conservatori ed innovatori. I dubbi ci sono quindi perché non parlarne? Perché non chiedere la consulenza ad esperti locali, perché non interessare l’ordine degli architetti che per tanti anni il nostro Sindaco ha guidato lamentando – da presidente dell’ordine – la scarsa concertazione con le istituzioni? Mi rendo conto delle difficoltà d’intervento su un’opera millenaria come il Castello ma proprio per questa difficoltà avrei ritenuto opportuno il coinvolgimento di maestranze competenti sull’opera da realizzare............ è un’occasione che non si ripeterà più e purtroppo gli errori passati non insegnano (ad esempio Piazzetta Toscano) sarebbe stato meglio rallentare i lavori piuttosto che realizzare qualcosa di veramente brutto che rimarrà a vita sotto gli occhi dei cittadini di Cosenza e non. Io penso che, quando venerdì si apriranno le porte del Castello, il fantasma di Federico II passeggiando lungo il corridoio “dei fiordalisi”, guardando l’ascensore e la copertura in ferro del suo Castello avvertirà dei dolori lancinanti allo stomaco che lo costringeranno, suo malgrado, ad abbandonare le celebrazioni e rinnegare il luogo.

Maria Pia Muglia

cosimo 1 Eppure l’ordinanza del Prefetto era semplice e concisa: sgomberare i rom dal Ferrotel. Ed invece eccoci qui, ancora una volta, a discutere di problemi di carattere empatico-sociale. Come è stato sottolineato acutamente da alcuni consiglieri di minoranza durante il consiglio comunale del 3 Giugno, a Cosenza la situazione è divenuta estremamente delicata: edificare una tendopoli non nobilita umanamente ma soprattutto non eleva le condizioni di vita nelle quali versano gli appartenenti all’etnia rom. Proprio così: basta forse recintarli tra quattro tende, porre telecamere per controllarne i movimenti, segregarli con del filo spinato (si badi, esagerazioni enfatiche) per pensare di risolvere questa triste situazione? Bisogna procedere per ordine: sono state verificate le condizioni igieniche del posto, da tempo trasandato e scenario della transumanza di animali e persone poco inclini a pratiche salutiste? Si è pensato a come possano 250 persone condividere simultaneamente 8 bagni comuni? Esistono le condizioni di civiltà per la permanenza in queste tende? La problematica principale è riscontrabile nel fatto che questa situazione non riguarda esclusivamente la città di Cosenza, bensì l’intera area urbana. A tal proposito, lascia diversi punti interrogativi l’articolo pubblicato dalla Gazzetta del Sud giorno 5 Giugno 2015, nel quale il sindaco Mario Occhiuto dichiara: “Il campo è assolutamente temporaneo e rappresenta in parte la risposta di Cosenza ad un problema che esiste e va risolto, secondo i criteri dell’umanità e della civiltà, cioè nel rispetto sia della dignità umana che delle regole del vivere civile”. Di conseguenza, l’interrogativo sorge spontaneo: quale miglioria (sempre che sussista) si vuole apportare predisponendo una soluzione temporanea per una situazione già precaria? Ancora, questa appare come una dichiarazione interlocutoria, poiché l’attuale primo cittadino ricopre anche l’incarico di presidente della Provincia e questa rappresenta proprio una vicenda che avrebbe richiesto una programmazione maggiormente ampia ed articolata, considerando il coinvolgimento di due enti. Ebbene, tutte queste puntualizzazioni servono a non dimenticare da dove si è partiti: la condizione di vita dei rom non va alleviata spostandoli da case abusive (da loro peraltro costruite) all’interno di tende predisposte in stile festival di Woodstock. La triste realtà sta nel fatto che non esiste, ad oggi, un progetto della nostra amministrazione che possa dirsi definitivo per la sistemazione dei rom, non sussistono procedimenti atti a scolarizzare le decine di ragazzi che giornalmente mendicano ai semafori. Qualsiasi Paese che possa oggi dirsi rispettoso dei crismi sanciti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sa bene che lo stato sociale e la civiltà di un popolo sono esternalizzati nelle condizioni di vita dello stesso: è necessario tornare a ricostruire quell’umano sentire che porta ogni amministrazione a puntare sulla cultura, sul saper vivere in comunità, ma soprattutto, urge comprendere che in un momento di estrema delicatezza come quello che stiamo vivendo oggi è basilare conciliare la buona politica con la buona gestione delle vicissitudini sociali. Perciò, l’auspicio sta nella speranza di addivenire a soluzioni permanenti nonchè confacenti al rispetto della dignità umana , tralasciando definitivamente il modus operandi del “per ora va bene così, poi vedremo”.

Cosimo Guarini

Edvige De Rose2Sempre più amministrazioni comunali, in Italia, stanno avviando progetti di sgravi fiscali e agevolazioni a fronte di adozioni di cani da canili. Ci ha pensato il Comune di Arezzo che per l’anno 2015 ha proposto degli incentivi per i cittadini che adottano un ospite del canile comunale di La Cella. L’iniziativa prevede la sterilizzazione gratuita dei cani di sesso femminile, una visita sanitaria di pre-adozione, l’applicazione del microchip, una visita sanitaria e una vaccinazione gratuita presso il canile comunale per i successivi tre anni dall’adozione. Queste le agevolazioni per chi adotta un cane di proprietà del Comune, aiutando uno dei tanti sfortunati detenuti. Arezzo non è l’unico comune, altre amministrazioni hanno preceduto il modello aretino, con iniziative anche più importanti, Savona nel 2009 aveva approvato un regolamento per la concessione di contributi per l’adozione di cani randagi ricoverati presso il canile municipale. Garantendo naturalmente cure adeguate e un corretto trattamento, nonché la disponibilità ad eventuali visite senza preavviso degli uffici comunali preposti. I bonus erogati in genere sono diversi, anche in base all’età del cane, per incentivare l’adozione dei cani più anziani che in genere sono difficilmente adottati.

I progetti sono davvero tanti, spulciando i siti di diverse amministrazioni comunali scopriamo così che buona parte di esse, da nord a sud, senza distinzione alcuna, applicano questi tipi di agevolazioni. La logica di queste iniziative è quella di svuotare il più possibile i canili, dove i nostri amici a quattro zampe non vivono come potrebbero vivere presso una famiglia e di abbattere i costi per il sostentamento dei cani: se da un lato si mira ad assicurare migliori condizioni di vita ai cani abbandonati e recuperati, dall’altro, si punta a produrre un risparmio economico per le casse comunali. Ci hanno pensato tanti comuni, dunque, che ci pensi, a questo punto, anche il comune di Cosenza offrendo agevolazioni, sgravi e quant’altro possa invogliare efficacemente l’adozione dei randagi dei canili.

Il numero di cani custoditi nel canile municipale di Donnici oggi si attesta fra i 100 e i 150, per ciascun cane ospitato, il comune di Cosenza spende 1000 euro all’anno per il primo anno di ricovero (700 euro per i successivi anni), per mantenere circa 300 cani custoditi presso altre strutture convenzionate il comune paga circa 6/7 euro al giorno per ciascun animale, per una spesa complessiva all’anno di circa 2.190/2.555 euro.

I soldi utilizzati per mantenere un cane presso il canile sono quelli dei cittadini, ossia soldi pubblici, tutti noi contribuiamo, tra le altre cose, alla spesa di mantenimento per questi animali e fino a quando un Comune, con i soldi dei propri cittadini, deve pagare? Le opzioni sono due: finché il cane muore, oppure, finché il cane viene adottato.

Ben venga dunque un incentivo economico per le adozioni dei cani di proprietà comunale, il comune risparmierebbe e abbatterebbe i costi sul capitolo di spesa per il sostentamento dei cani presso le strutture convenzionate.

Noi di Buongiorno Cosenza, attesi i tanti esempi sparsi qua e la nella penisola, siamo certi che la via delle agevolazioni possa costituire un buon viatico per incrementare il numero di coloro che si prendono cura dei randagi e degli abbandonati, e confidiamo che il nostro consiglio verrà preso in debita considerazione da chi ha la responsabilità di un settore così delicato convinti come siamo che amministrare in primo luogo significa ascoltare.

Edvige De Rose

 

nucci02Me la ricordo quella serata al cinema Citrigno. Era il 15 maggio, di esattamente un anno fa. E ricordo bene il sindaco che prometteva a Rocco Granata, emigrante cosentino in Belgio e autore della famosissima “Marina”, la cittadinanza onoraria. Ora che Sky trasmette in prima serata il film “Marina”, di un regista fiammingo e con nel cast personaggi del calibro di Luigi Lo Cascio e Donatella Finocchiaro, quell’ennesimo ”annuncio”  mi è tornato in mente. Perché Granata, così come rappresentato sulla pellicola, rivendica con forza le sue radici e richiama continuamente la sua cosentinità. Sarebbe davvero un'ottima cosa insignirlo di tale onorificenza, soprattutto per i consiglieri che sarebbero chiamati a conferirla, perché questo è noto a tutti: la cittadinanza è frutto di un voto in Consiglio comunale e non di una boutade del sindaco. Eppure pare che questa pratica, ad oggi, vaghi errante da ufficio a ufficio, senza trovare la sua conclusione . La cosa, va da sé, è finita un po' nel dimenticatoio, tanto che sarebbe più facile che Marina decida di sposare “al più presto” in nostro Rocco Granata (glielo chiede dagli anni Sessanta), che non che quest'ultimo diventi cittadino onorario di Cosenza.

Il sindaco promette, poi passato il santo... e a Cosenza si promette di tutto, persino la super cittadinanza, altroché. Ossia si propone che cittadini onorari vengano resi coloro che cosentini lo sono già. E' il caso di Sergio Giuliani, dell'omonima Fondazione che si occupa di energia sostenibile e di Arnaldo Caruso, il luminare che ha scoperto il vaccino contro l'Hiv.

Due personalità di assoluto orgoglio per la città di Cosenza, ai quali dovremmo dedicare, anziché il titolo di super eroe, un premio ad hoc, per aver dato lustro alle proprie origini con grandi azioni nei campi più diversi. Una sorta di “Ambrogino d'oro”, ma declinato alle nostre latitudini. E invece ad entrambi è stata promessa una cittadinanza onoraria, di modo che loro, che cosentini lo sono già, diventeranno due super-cosentini. Ma di che stiamo parlando? Si pensi invece ad un riconoscimento per questi due illustri personaggi che apra la strada a tanti altri omaggi a chi con il suo sapere, la sua azione, rende lustro alla nostra città.

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