Questa decisione di vendere i 25mila metri quadrati del terreno dove insiste l'Istituto Tecnico Agrario Tommasi non è né una buona idea, né una costrizione, come la intende la Provincia, alla quale non si può che dare corso. Ha ragione la Coldiretti: la crisi segna un ritorno al green, all'agricoltura, alle produzioni biologiche, che mai come ora vedono riconosciuto un ruolo importante nel mercato globale. E la nostra terra, qual è la ricchezza primaria della nostra terra? Proprio l'agroalimentare, i prodotti sani, la ricerca sulla migliore trasformazione dei nostri frutti. Il biologico sarà anche una moda, ma crea posti di lavoro e non possiamo fare finta di niente. Per cui ci appare debole la risposta dell'amministrazione Occhiuto secondo la quale la Provincia è costretta a dismettere il patrimonio non utilizzato a fini strumentali. E anche se così fosse: allora utilizziamo l'Istituto agrario a fini strumentali, si tratta di scelte politiche. Non si potrebbe anche un domani pensare a una facoltà di Agraria nella città? Tutto si può fare, se si vuole. Perché, mentre gli altri beni che saranno alienati non hanno né storia né vocazione, occorre tenere presente che l'Istituto Agrario ha tutto un background da tenere in considerazione. Tra l'altro, pare che pur essendo la destinazione d'uso obbligata (terreni edificabili), su quegli stessi terreni gli eredi Mollo abbiano posto qualche vincolo, uno dei quali sarebbe quello di mantenere l'Istituto lì dove sta. Va da sé, che se ciò rispondesse al vero e la Provincia vendesse, gli eredi potrebbero esercitare qualche diritto. Anche questa è una buona battaglia da portare avanti, che unirebbe lavoro, cultura e rispetto per i luoghi così come sono percepiti e vissuti dalla città, che in essi si identifica e si riconosce, e che ambirebbe a una loro sempre rinnovata valorizzazione