Quell'anno era il 1576. L'anno della peste bubbonica a Cosenza. La popolazione era in ginocchio, la città alla rovina, intere famiglie devastate dal morbo, uno scenario apocalittico che faceva invocare l'aiuto del divino. E su quella icona, quella della Madonna del Pilerio, comparve come una macchia scura: un bubbone pestilenziale, interpretarono. La madonna si era accollata su di sé il male della città, dissero. Poi fu il 1783 e la terra iniziò a tremare forte, ma così forte che si pensò alla fine del mondo. Anche in quel caso sul volto della Vergine notarono una crepa, forse l'estremo tentativo di salvare i suoi protetti, i suoi cittadini devoti. Quelle screpolature poi scomparvero, ma non del tutto. La cicatrice degli eventi rimane sempre, bisogna saperla portare. Fu così ancora e ancora, negli anni, nei secoli. Per i bombardamenti della seconda guerra mondiale, per altri eventi traumatici che portarono la popolazione a voler proteggere quel simbolo, il simbolo di una Protettrice che per salvare i cosentini è disposta a prenderselo tutto su di sé, il male.
Ma perché questo avvenga, perché l'enorme significato simbolico arrivi a tutti, perché il miracolo si compia, c'è bisogno di un ingrediente fondamentale, imprescindibile: che i cosentini riconoscano quale sia il male del loro tempo. Il male di questo tempo, del nostro tempo. Che non è l'urto violentissimo di un terremoto, non è la peste, non sono le bombe, ma forse... forse qualcosa di ancor più devastante, perché corrode dall'interno, assottiglia il senso di giustizia, corrompe gli animi più nobili, fa perdere la memoria.
Per essere combattuto, il male, va innanzitutto conosciuto e riconosciuto, da tutti.
E forse in questo abbiamo peccato, non io e qualche sparuto altro che abbiamo denunciato tutto dall'inizio, ma ora che siamo insieme, compatti e risoluti, forse era il momento di mostrarli tutti ai cosentini questi bubboni così grossi e purulenti da far peggio della peste, da dover sperare che non esplodano mai.
Se oggi guardassimo il volto della nostra icona, della icona della città, quante macchie vedremmo?
Aziende pubbliche
Un buco da 800mila euro all'azienda dei trasporti pubblici cittadini. Martoriata, quell'azienda, utilizzata a proprio uso e consumo personale. Mentre sugli autobus la giunta si faceva i selfie, qualcuno cercava di drenare, se non altro di denunciare, la profonda emorragia. E poi la solita protervia: bus che possono girare solo in città fatti sconfinare anche nell'hinterland, con l'effetto che quelle corse, non rimborsabili dalla Regione, perché illegali, devono pagarle i cittadini. Spese fuori controllo, stipendi del cda mai ridotti, lauti premi auto-assegnatisi dal presidente, concorsi bloccati, acquisti di vettori (vecchi) senza alcuna gara, perdite per i servizi navetta al Lungofiume e persino per la Circolare veloce, scale mobili da 100mila euro all'anno: tutto questo è Amaco, sotto il sindaco Occhiuto.
Incarichi
Non quantizzabili. Questa la prima cosa che viene in mente pensando agli incarichi per affidamento diretto e a cottimo fiduciario affidati dalla giunta Occhiuto ai propri soci di studio, sodali, amici e parenti. Un ricorso alle procedure senza gara che non ha (volutamente) una regola e per il quale ci si nasconde dietro un dito: affido tutto a quelli di cui mi fido. Questi però sono discorsi che vanno bene con chi mastica poco di politica, con chi si fa offuscare da ottocentomila euro di luminarie, con cementificazione di piazze e piazzette, marciapiedi e piste ciclabili. Chi lavora a queste opere? Come si aggiudicano gli appalti? Forse partecipando in solitaria come per i 22 milioni di euro di Piazza Bilotti? Chi e perché ha deciso che la Curia di Cosenza dovesse avere un business a sei zeri sui loculi del cimitero, mentre la parte comunale frana? Tremila loculi cimiteriali su un'area che è stata oggetto di una ordinanza di sgombero per frane... mentre le bare aspettano per anni una loro giusta sepoltura. Il cimitero dei ricchi, con la filodiffusione e quello dei poveri, che cade in pezzi. E poi i vasi comunicanti con la Provincia: se non ho dato un incarico qui, lo posso dare lì, “guadagnando” la fiducia di questo o quello nei vari Consigli...
Debiti
Quanti sono quelli accumulati dal Comune? Mutui pluriennali accesi per finanziare le opere in cantiere, ma nessuno, nemmeno i consiglieri comunali, conoscono il reale stato dei conti pubblici. Sappiamo che i revisori hanno mosso pesanti rilievi, ma in una situazione di ignoranza complice e diffusa ognuno può dire ciò che vuole, come per esempio che i conti siano in attivo... Cosenza è stata a rischio dissesto economico, dopodiché come molti Comuni si è tentata la strada del pre-dissesto, 150 milioni di euro prestati dalla Cassa Depositi e Prestiti e che i cosentini pagheranno per i prossimi trent’anni. Ci sono stati i rilievi della Corte dei conti, poi magicamente rientrati ai primi aggiustamenti. Ma nessuno, ad oggi, conosce il debito del Comune di Cosenza. Due milioni e 700mila euro di debiti fuori bilancio vi dicono qualcosa? Un milione e 800mila dei quali derivanti da “accensione prestiti”. Sentenze esecutive per oltre 800mila euro eppure paghiamo per le cause del Comune fior di avvocati …. O meglio fior di avvocato.
Il concetto di città
Il Castello Svevo è il simbolo di quanto abbiamo detto finora. Diventato poco più che un lounge bar, un simbolo della movida, lambito da luci psichedeliche, le stesse che colorano la nostra città rendendola simile a una Las Vegas di provincia. La comunicazione, grande fiore all'occhiello di questa amministrazione uscente, ha preso lo scivolone dell'architetto della Soluzione finale. Ricordate Himmler? Ebbene non credo sia stato solo una svista, ma un concetto più profondo: la storia non si può cancellare, ci hanno risposto. Ma è con questa storia che vogliamo promuovere Cosenza? Con la ricerca di un tesoro che non c'è? Con la dichiarata pura illusione di cercare per il gusto di cercare. Le feste, le sagre, il popolo che deve dimenticare, distrarsi. Sono questi i concetti tipici della destra, che si è incarnata perfettamente nello spirito di questa amministrazione che abbandona il Palazzo.
Il concetto di libertà
Il controllo totale della comunicazione, delle fonti di informazione. Vi fa pensare a qualcosa? Le voci critiche spente, perseguitate, messe alla berlina. I siti di informazione chiusi, i giornali amici, le persone scomode fatte fuori. L'attività dei consiglieri completamente annullata dalla non risposta, dalle carte nascoste, dalle delegittimazioni personali, odiose e vigliacche. Una arroganza supportata da opportune protezioni, quelle che forse oggi sono saltate. Una scorta personale che costituisce un costo per i cittadini, in una città che però si reputa amica. Allora perché? L'uomo solo al comando non ammette repliche, non tollera critiche, tenta di stabilire legami dando qualcosa a questo e a quello. Non esiste altro metodo di dialogo. E chiunque prende qualcosa, passa dalla sua parte. Anche gli spiriti critici. Gli aperitivi tutti insieme all'ombra di Santa Teresa e le voci che piano piano si spengono, le critiche che si assottigliano, lasciando il posto agli aedi della santificazione dell'uomo solo al comando: colui che ha ridato linfa alla nostra spenta città. L'uomo che ha acceso le luci.
Conclusioni
Cos'altro avremmo dovuto fare, lasciare che ogni giorno la coscienza dei cosentini venisse drogata da luci e lucine? Vi siete mai chiesti da dove vengono quelle luci? Vi siete mai chiesti chi hanno messo nella stanza dei bottoni per accendere questo immenso lunapark che è diventato la nostra città? E noi, noi cosentini, cosa stiamo arrivando a pensare: che "almeno questo qualcosa la fa"? E dunque che sia lecito fare in qualsiasi modo, basta che qualcosa venga fatta. Sono anni che il radicamento mafioso nei territori si sostanzia con la criminalità che si sostituisce allo Stato. Lo Stato non da sicurezza, non da lavoro. E così le popolazioni si rivolgono ai padrini. Almeno loro qualcosa fanno. E' davvero così che ragiona la città di Telesio?
Se è questo che pensiamo non basteranno diciassette consiglieri, una consiliatura finita, un commissario prefettizio, una indagine della magistratura. Rivolgiamoci alla Vergine, guardiamo il suo volto: è il simbolo della città. Se qualcuno deve prendere su di sé la peste, è necessario che ci sia però qualcun altro che la denunci, che la faccia vedere, che la renda riconoscibile.
Questo è stato il nostro ruolo. Non pretendiamo che qualcuno ce lo riconosca. Ma siamo sicuri che i cittadini di Cosenza, svegliatisi dall'incantesimo, sapranno alla fine da che parte stare.