Apro le pagine dei giornali locali e l’attenzione cade su una notizia che ha per oggetto il mancato rispetto di una zona, nota con il termine “isola pedonale”e mi fa sorridere amaramente. Sono tre anni che noi di Buongiorno Cosenza chiediamo controlli serali da parte dei vigili e denunciamo i “vandalismi dei pirati di strada”. Il controllo della città durante la notte è stato uno dei nostri punti programmatici durante la campagna elettorale. Questo punto sarebbe dovuto essere realizzato entro i primi 100 giorni dall’attuale amministrazione, secondo i patti assunti in sede di ballottaggio (disatteso anche questo punto come gli altri sei). Ancora una volta siamo stati lungimiranti nel ravvisare una necessità: evitare scempi, infrazioni ecc… Quando si “rompono le colonne di un opera d’arte” durante l’orario di lavoro, si rischia un provvedimento disciplinare, e quando si distrugge la “bellezza con la prepotenza dell’essere e dell’appartenere” si passa quasi inosservati per non “disturbare“ gli equilibri cittadini. Ma come ma ci si è accorti solo ora di questo ahinoi diffuso spregio delle leggi e dei divieti? I frequentatori delle piazze mediatiche hanno dato sfogo al loro disappunto circa la questione così come taluni politici locali, secondo la lettura di giornali, hanno manifestato l’intenzione di non soprassedere a questa necessità: la sorveglianza notturna. Mi chiedo: ma se ciò accade in un corso principale cosa mai può accadere in una strada laterale al corso? Ed ancora perché non si ascolta per tempo la voce del cittadino quando ciò che dice è solo un suggerimento o un invito che possiede come fine “l’interesse comune”? Insomma perché rimanere ostinatamente sordi? Una città seria attua una politica equilibrata ma qui di equilibrio ne vediamo ben poco. Basterebbe poco ad attuare il servizio di sorveglianza. Basterebbe poco a realizzare i controlli dovuti a tutela di chi è rispettoso della legge. Basterebbe poco per togliere tutte le insegne abusive che intralciano il cammino dei pedoni sul corso principale. Basterebbe poco dare maggiore visibilità e sicurezza alle attività commerciali delle traverse. Noi siamo per i controlli ma per tutti, noi siamo per le regole ma per tutti, noi siamo per la città ma per tutti, non solo per i più fortunati o per i più furbi.
Fabiola Cenisio
Segretario “Buongiorno Cosenza”
Il Comune della nostra città non è gradito come cliente da nessuna delle banche del territorio: questa è l’amara conclusione che dobbiamo trarre dopo aver saputo che la gara d’appalto per la gestione della tesoreria del municipio è andata deserta.
La notizia ha dell’incredibile e salvo altri reconditi e segreti motivi di cui non siamo e forse non saremo a conoscenza, siamo autorizzati a pensare che le banche non si fidano dei bilanci del Comune: in altri termini non sono garantite le anticipazioni che le banche autorizzano, a fronte dei crediti che il Comune contrae con i propri cittadini attraverso la riscossione dei tributi.
Evidentemente le casse del municipio sono veramente vuote e le banche non credono che gli introiti dei prossimi mesi saranno sufficienti ad onorare altri impegni e a restituire le anticipazioni, di conseguenza sarà spontaneo per chiunque considerare, senza grandi sforzi d’immaginazione, l’amministrazione del nostro Comune sull’orlo del baratro.
La gestione delle “nostre cose”, fin qui affidata a tali delegati, si conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, disastrosa da ogni punto di vista: ormai è veramente un tiro al bersaglio fin troppo facile.
L’auspicio rimane sempre quello di un pentimento, di un ravvedimento della richiesta di scuse alla città per le incompetenze, le incapacità ormai acclarate in due anni di tentativi goffi di indorare una pillola amarissima con fiere, sagre, piste da sci, luminarie, fiumi navigabili, mercatini, parcheggi si parcheggi no, visite di ministri, statue di qua, statue di là, fontane musicali, nani ballerine e frizzi e lazzi per rendere fumoso il cammino costruttivo e partecipativo che invece dovrebbe indicare una amministrazione seria, colta, attenta nell’educare il prossimo alla civiltà, all’etica, al sociale elevato alla cultura ed ai bisogni reali e non facendo del populismo l’unica arma di difesa retrograda e anacronistica di un operato pasticcione e inconcludente, denunciato ormai dalla maggioranza della città che mai più sarà disponibile a credere alle menzogne reiterate con, una volta in più, sorprendente disinvoltura.
Cosimo Guarini
Responsabile movimento giovanile “Buongiorno Cosenza”
Una “rivoluzione culturale” è in atto a Cosenza. Così ci hanno detto. Una rivoluzione culturale che ha al suo centro la “politica del fare”. Di fare in fretta, soprattutto, ma talmente in fretta da dimenticarsi qualche cosa per strada. Questo sembrerebbe di leggere nella dichiarazione del dipartimento dei Lavori Pubblici regionale, che deve dare il nulla osta alla prosecuzione dei lavori di piazza Bilotti.
Il dipartimento, suo malgrado, si è scontrato con la “rivoluzione culturale” cosentina e non essendo aggiornato sull'avanguardismo dell'amministrazione comunale a guida Occhiuto, ha deciso di mettere uno stop ai lavori sulla piazza che, a conti fatti, sono fermi dall'inizio di ottobre.
Uno stop non politico, come precisa, ma meramente tecnico, avendo il Comune presentato agli uffici regionali un progetto “non autorizzabile e parzialmente eseguito abusivamente” (sic!). Si aveva molta fretta di fare, su quella piazza, a quanto pare. Tanto da presentare il progetto con una “procedura sbagliata” che non comprende i dettagli sull'esecuzione della palificata, né quelli sul parcheggio sotterraneo e che integra e reintegra giorno dopo giorno, fino a far decidere alla Regione di inviare le carte in Procura.
Sono parole e atti che pesano quelli della Regione Calabria che, almeno sulla carta, è guidata da persone dello stesso schieramento del nostro sindaco. O qualcosa è cambiato? O alcuni dirigenti messi nei posti chiave in Comune tradiscono la tendenza a passare dall'altra parte? La storia di piazza Bilotti, iniziata con la perizia copincollata da perizia più antica e finita sotto la lente della procura che non ha potuto procedere non perché non fossero state commesse irregolarità, ma perché - citando il decreto di archiviazione sventolato come una coppa dal sindaco - “le polemiche scoppiate a seguito della scoperta del ‘plagio’ (…) hanno consentito agli indagati, pronti alla consumazione del disegno criminoso, di arrestarsi in corso d'opera ed eliminare eventuali tracce dell'illecito in itinere”, è il simbolo di quella “rivoluzione”. Una rivoluzione che si serve di uomini nuovi, ma che ha radici lontane. Ce lo racconta il criterio di assegnazione degli incarichi comunali, frammentando gli importi al di sotto dei 40mila euro per evitare di procedere a gara, ce lo racconta il modus operandi degli attori principali del Lungofiume boulevard e dei loro novelli difensori.
Ce lo racconta la politica dei lustrini e delle feste, della differenziata senza strumenti, dell'imposizione di una discarica all'unico territorio - combinazione - che ha conservato la sua destinazione agricola e non può essere oggetto di speculazione edilizia. E, infine, ce lo racconta piazza Bilotti, che della politica di facciata e della propaganda poggiata sul nulla è l'emblema indiscusso e palese. E' la sua stessa genesi a ricordarcelo. Una sola ditta che partecipa a una gara. La gara vinta da quella stessa ditta, ma poi frettolosamente ritirata. La gara riproposta, alla quale partecipa sempre una sola ditta, sempre quella. Ditta che stranamente, pur vincitrice della prima tornata, non presenta ricorso. Per “il bene della città”, venne scritto. Ditta che poi puntualmente vince anche la seconda gara. Poi le indagini della Procura, l'archiviazione che evidenzia come il dirigente dell'epoca fosse “protagonista indiscusso nella gestione delle notevoli quantità di denaro pubblico destinate al settore delle infrastrutture” e che alcuni incarichi venivano affidati a voce, senza numeri di protocollo e null'altro potesse lasciare traccia di quella attività. E' dall'otto di ottobre che sto denunciando un fatto gravissimo: sui cartelli di quel cantiere in piazza Bilotti non esiste alcuna data che certifichi l'inizio né la fine dei lavori. Nessuna data che parli del permesso di costruire. Spazi vuoti che probabilmente fanno parte di questa nuova politica, la politica del fare, del fare in fretta come “rivoluzione culturale” vuole. Il nove ottobre mi accorgo che nonostante il traffico che congestiona la città, su piazza Bilotti le ruspe sono ferme. Il dieci, insieme ai consiglieri Cesario, Paolini, Mazzuca, Cipparrone, Ambrogio e Perri, chiedo al sindaco se fosse vero che i lavori erano iniziati senza che il Genio Civile avesse rilasciato il nulla osta. Nella città della “rivoluzione culturale”, quando un cittadino, un consigliere, chiede lumi su una procedura che sembra sfuggire al controllo prima di tutto della logica, la risposta che viene data è sempre la stessa: quel cittadino, quel consigliere, è sempre un mestatore, un nemico della città, della politica del fare e della rivoluzione culturale in atto. Ma i fatti sono ostinati. E così, nemmeno un giorno più tardi arriva la notizia che uno dei consulenti pagati lautamente dal Comune per vigilare sui lavori, è finito nella maxinchiesta sui lavori della Tav insieme all'ex governatrice dell'Umbria Lorenzetti. Un membro della commissione d'alta vigilanza per intenderci, ma su cosa doveva vigilare?
“Tutto bene, i lavori riprenderanno tra una settimana”, ha rassicurato il sindaco, tirato per la giacchetta dai commercianti della zona, gli stessi estenuati anche dai tempi biblici per i lavori sui marciapiedi del centro città. Era il sei novembre scorso, ossia due giorni dopo che il Comune aveva ripresentato il suo terzo progetto in Regione. Già perché, questa storia dei progetti integrati in corso d'opera, va avanti da luglio scorso. Il sei agosto il Comune presenta un'alternativa, ma il quattro ottobre la Regione chiede altre integrazioni. Occhiuto ci riprova il quattro novembre e il cinque la integra nuovamente. La politica del fare, si sa, ha delle scadenze molto strette.