Le bugie hanno le gambe corte

nucci02Una “rivoluzione culturale” è in atto a Cosenza. Così ci hanno detto. Una rivoluzione culturale che ha al suo centro la “politica del fare”. Di fare in fretta, soprattutto, ma talmente in fretta da dimenticarsi qualche cosa per strada. Questo sembrerebbe di leggere nella dichiarazione del dipartimento dei Lavori Pubblici regionale, che deve dare il nulla osta alla prosecuzione dei lavori di piazza Bilotti.

Il dipartimento, suo malgrado, si è scontrato con la “rivoluzione culturale” cosentina e non essendo aggiornato sull'avanguardismo dell'amministrazione comunale a guida Occhiuto, ha deciso di mettere uno stop ai lavori sulla piazza che, a conti fatti, sono fermi dall'inizio di ottobre.

Uno stop non politico, come precisa, ma meramente tecnico, avendo il Comune presentato agli uffici regionali un progetto “non autorizzabile e parzialmente eseguito abusivamente” (sic!). Si aveva molta fretta di fare, su quella piazza, a quanto pare. Tanto da presentare il progetto con una “procedura sbagliata” che non comprende i dettagli sull'esecuzione della palificata, né quelli sul parcheggio sotterraneo e che integra e reintegra giorno dopo giorno, fino a far decidere alla Regione di inviare le carte in Procura.

Sono parole e atti che pesano quelli della Regione Calabria che, almeno sulla carta, è guidata da persone dello stesso schieramento del nostro sindaco. O qualcosa è cambiato? O alcuni dirigenti messi nei posti chiave in Comune tradiscono la tendenza a passare dall'altra parte? La storia di piazza Bilotti, iniziata con la perizia copincollata da perizia più antica e finita sotto la lente della procura che non ha potuto procedere non perché non fossero state commesse irregolarità, ma perché -  citando il decreto di archiviazione sventolato come una coppa dal sindaco - “le polemiche scoppiate a seguito della scoperta del ‘plagio’ (…) hanno consentito agli indagati, pronti alla consumazione del disegno criminoso, di arrestarsi in corso d'opera ed eliminare eventuali tracce dell'illecito in itinere”, è il simbolo di quella “rivoluzione”. Una rivoluzione che si serve di uomini nuovi, ma che ha radici lontane. Ce lo racconta il criterio di assegnazione degli incarichi comunali, frammentando gli importi al di sotto dei 40mila euro per evitare di procedere a gara, ce lo racconta il modus operandi degli attori principali del Lungofiume boulevard e dei loro novelli difensori.

Ce lo racconta la politica dei lustrini e delle feste, della differenziata senza strumenti, dell'imposizione di una discarica all'unico territorio - combinazione - che ha conservato la sua destinazione agricola e non può essere oggetto di speculazione edilizia. E, infine, ce lo racconta piazza Bilotti, che della politica di facciata e della propaganda poggiata sul nulla è l'emblema indiscusso e palese. E' la sua stessa genesi a ricordarcelo. Una sola ditta che partecipa a una gara. La gara vinta da quella stessa ditta, ma poi frettolosamente ritirata. La gara riproposta, alla quale partecipa sempre una sola ditta, sempre quella.  Ditta che stranamente, pur vincitrice della prima tornata, non presenta ricorso. Per “il bene della città”, venne scritto. Ditta che poi puntualmente vince anche la seconda gara. Poi le indagini della Procura, l'archiviazione che evidenzia come il dirigente dell'epoca fosse “protagonista indiscusso nella gestione delle notevoli quantità di denaro pubblico destinate al settore delle infrastrutture” e che alcuni incarichi venivano affidati a voce, senza numeri di protocollo e null'altro potesse lasciare traccia di quella attività. E' dall'otto di ottobre che sto denunciando un fatto gravissimo: sui cartelli di quel cantiere in piazza Bilotti non esiste alcuna data che certifichi l'inizio né la fine dei lavori. Nessuna data che parli del permesso di costruire. Spazi vuoti che probabilmente fanno parte di questa nuova politica, la politica del fare, del fare in fretta come “rivoluzione culturale” vuole. Il nove ottobre mi accorgo che nonostante il traffico che congestiona la città, su piazza Bilotti le ruspe sono ferme. Il dieci, insieme ai consiglieri Cesario, Paolini, Mazzuca, Cipparrone, Ambrogio e Perri, chiedo al sindaco se fosse vero che i lavori erano iniziati senza che il Genio Civile avesse rilasciato il nulla osta. Nella città della “rivoluzione culturale”, quando un cittadino, un consigliere, chiede lumi su una procedura che sembra sfuggire al controllo prima di tutto della logica, la risposta che viene data è sempre la stessa: quel cittadino, quel consigliere, è sempre un mestatore, un nemico della città, della politica del fare e della rivoluzione culturale in atto. Ma i fatti sono ostinati. E così, nemmeno un giorno più tardi arriva la notizia che uno dei consulenti pagati lautamente dal Comune per vigilare sui lavori, è finito nella maxinchiesta sui lavori della Tav insieme all'ex governatrice dell'Umbria Lorenzetti. Un membro della commissione d'alta vigilanza per intenderci, ma su cosa doveva vigilare?

“Tutto bene, i lavori riprenderanno tra una settimana”, ha rassicurato il sindaco, tirato per la giacchetta dai commercianti della zona, gli stessi estenuati anche dai tempi biblici per i lavori sui marciapiedi del centro città. Era il sei novembre scorso, ossia due giorni dopo che il Comune aveva ripresentato il suo terzo progetto in Regione. Già perché, questa storia dei progetti integrati in corso d'opera, va avanti da luglio scorso. Il sei agosto il Comune presenta un'alternativa, ma il quattro ottobre la Regione chiede altre integrazioni. Occhiuto ci riprova il quattro novembre e il cinque la integra nuovamente. La politica del fare, si sa, ha delle scadenze molto strette.

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