"Mi sono rifiutato di scendere a patti"

Sergio_Nucci_ridotta Cinquant’anni, laurea in medicina e chirurgia con specializzazione in odontostomatologia, pubblicista, Sergio Nucci lavora per tornare il prossimo maggio a Palazzo dei Bruzi non più da semplice consigliere comunale ma da primo cittadino. Lo incontriamo per una chiacchierata “politico-amministrativa” in questa vigilia di campagna elettorale, per lui in effetti già aperta (come dimostra la manifestazione “Io vinco, tu vinci.” di mercoledì scorso) da diverse settimane.

La sua candidatura è stata la prima ad essere annunciata, mesi addietro fin dallo scorso........ Cosa l’ ha spinta a scendere in campo con tanto anticipo?

A me sta a cuore la città dove sono nato e dove ho scelto di vivere: i calcoli non mi appartengono. Quando ho capito che i partiti tradizionali avrebbero ripercorso i soliti vecchi cliché, ho deciso di provare di inseguire il sogno di fare qualcosa in prima persona. Il PD a Cosenza è lacerato,  forse può proprio dirsi che non sia mai nato, dilaniato  dai vecchi padroni del vapore e delle tessere. Il PDL mi appare come una somma di interessi personali senza costrutto ...  E la città avviata ad un declino evidente. Chi la ama soffre  … e si impegna. E così è nata questa idea.

Lei è partito con alle spalle Buongiorno Cosenza. Poi le sigle e i simboli a suo sostengo sono via aumentati. Oggi sono, oltre a Buongiorno Cosenza,  Cosenza Siamo Noi, Obiettivo Cosenza, Orizzonti Democratici e non ultimo Patto per il Sud  per le riforme di Tonino Perrelli. Come spiega questo interesse? E quale apporto si aspetta da ognuna di queste realtà?

Noi siamo persone libere: non abbiamo potere, ma soprattutto non abbiamo padroni. Forse le tante persone che guardano a noi hanno colto questo spirito positivo e costruttivo e vogliono portare il loro contributo.

Dal mio punto di vista, poi, l’attenzione allo spazio comune segnala che tante energie stanno finalmente ricominciando a reagire a questo stato di inerzia e conservazione che accompagna la politica. È un buon segnale. Mi aspetto una voglia rinnovata di protagonismo, soprattutto dai giovani.

A che punto è la redazione del programma? Quali sono gli obiettivi principali che, con esso, intende centrare se eletto primo cittadino?

Il programma è tutto incentrato su alcuni punti essenziali: rilancio economico della città mediante il recupero della sua centralità nell’area urbana. E questo significa avere non solo strutture a supporto, quanto un progetto. Vorrei che Cosenza fosse identificata coma una città della cultura e dei servizi,  del commercio e  della solidarietà. Valorizzare i beni culturali, i musei, i teatri; realizzare percorsi e promuovere occasioni  che la portino al centro dell’attenzione di quante più persone possibile. E poi impegnarsi per la realizzazione di percorsi di integrazione – soprattutto scolastica – delle fasce più a rischio. Se fossi eletto sindaco, per prima cosa vorrei incontrare tutti gli insegnati della città per  dare pubblico riconoscimento al loro ruolo e chiedere di impegnarsi allo spasimo per la formazione rigorosa di  nuove generazioni preparate ed affezionate alla loro terra.

Dopo le sue esperienze politico-amministrative con la Democrazia Cristiana, nella consiliatura ormai alle battute conclusive è tornato a Palazzo dei Bruzi nella lista Giacomo Mancini Sindaco (e non Rosa nel Pugno) che puntava su Giacomo Mancini. Poi sei passato all'Udc e successivamente nel gruppo misto: sempre, in ogni caso, all'opposizione contro Perugini e la sua amministrazione. C'è una spiegazione?

La mia storia personale è nota e i miei valori di riferimento pure: con uno slogan vorrei dire che mi sento erede di quella cultura popolare che ha fatto la storia dell'Italia del secondo dopoguerra. Proprio per questo per me, che mi sono rifiutato di scendere a patti, non c'è stato spazio nelle consorterie con le politiche cosentine. Questo ha in un primo momento favorito le condizioni per una mia candidatura indipendente; poi il modo di amministrare questa città da parte della giunta Perugini ha dimostrato che l'intuizione originaria era giusta.

Perché?

Perché non è stata in grado di rispondere ai bisogni della città, preoccupata com'era a governare gli equilibri politici dei potentati che avevano portato al successo elettorale. Cosenza ha 71 mila abitanti e circa 1500 persone a vario titolo alle sue dipendenze;  dovrebbe essere uno specchio ed un modello di efficienza. Ed invece lo scempio delle strade e dei servizi è sotto gli occhi di tutti. Da una amministrazione così condizionata non poteva nascere un'idea di città che guardasse al futuro.

Noi pensiamo ad una città centrale nell'area urbana, che faccia della cultura del commercio e dei servizi i punti forti della sua proposta e che recuperi efficienza-soprattutto nei servizi sociali,  attraendo giovani, imprenditori e promuovendo sviluppo ed occupazione.

Contrariamente alla cordata di cui lei è a capo, e a quella guidata da Enzo Paolini, non ci sono al momento segnali definiti, i termini di alleanze nonché di candidati a sindaco, in quelli che vengono considerati gli schieramenti principali, il centrodestra e il centrosinistra. Come vede questa situazione?

Noi coltiviamo un sogno concreto: ridare centralità ai cittadini, alle loro scelte, ai loro problemi. I punti di riferimento culturali valoriali sono fondamentali, ma i partiti in lizza a Cosenza li hanno smarriti. Tutti cercano alleanze con tutti. È il terreno più favorevole per gli accordi di potere tra i soliti potentati, funzionali al rilegittimare posizioni di potere del tutto sganciate dai problemi e dalle speranze della città.

Che cosa vorrebbe dire ai suoi concittadini?

Vorrei solo invitarli ad essere liberi, a pensare finalmente che una città diversa e migliore  è possibile e che non tutto andrà come al solito. No. Dobbiamo impegnarci a liberare questa nostra terra dalle clientele e dalle dipendenze che ne hanno condizionato il presente e che rischiano di strangolarne il futuro. Vorrei dire loro che è arrivato il momento di costruire segni concreti di speranza per questa città e per i suoi figli. E che questo è il nostro momento. La piccola storia della nostra comunità non ci assolverà se rimarremo inoperosi.

 

Antonio Garro

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