Il cinghiale ferito è ancora caldo e già ci chiediamo quale sarà la sua prossima mossa. Davvero ammazzerà tutti? Ma alla fine, che importa? Per un cinghiale colpito ne restano in giro a decine. Si aggirano, fiutano, si fiondano sulla preda, che spesso non ha strumenti per difendersi adeguatamente, o peggio rinuncia a difendersi divenendo complice di un sistema che molto somiglia alla giungla e poco a una società civile. Per dire, fuor di metafora, che il caso Gentile non è caso isolato. La cronaca ha dato conto di ramificazioni vere o presunte, ma tutti sappiamo bene che nelle Asp, negli appalti più o meno importanti, negli incarichi che contano non vale la meritocrazia ma l’appartenenza Quanti cinghiali, in queste corsie d'ospedale, quanti nelle cliniche private, quanti ai vertici dell'editoria eseguono gli ordini, quanti si inchinano in segno di rispetto nei Comuni, nelle Questure, nei tribunali. Quanti signorsì si contano, ancora, a Cosenza? E Cosenza assurge agli onori della cronaca nazionale per il familismo amorale, le corsie preferenziali, per i favori che diventano imposizioni, per lo Stato assente e per il para-Stato che occupa porzioni di democrazia, che sostituisce il favore al diritto e condanna i cittadini a subire in eterno. Sappiamo che ce ne sono ancora molti, di cinghiali affamati, sappiamo che in Calabria si pone, rovente, un problema di agibilità democratica che molto ha a che fare con telefonate come quelle che tutta Italia ha ascoltato e di cui ora tutti sanno, sassi compresi. Di fronte a questo, che fare? Denunciare. Senza se e senza ma. E' tempo di fare i nomi, anche da parte di chi si è nascosto dietro l'alibi del sistema che non si può scardinare. E la stampa, anche grazie al moltiplicatore web, può e deve in quest'ondata di denuncia rivestire un ruolo cruciale. Il ruolo che le compete. Che ne è più intimo ingrediente. Quattro direttori, uniti, hanno chiesto e ottenuto la rimozione di un sottosegretario. A mia memoria un fatto senza precedenti. Molto ancora possono dire, anche i nostri organi locali, sulla tracotanza e prepotenza degli altri animali selvatici rimasti nell'ombra, guardandosi bene dal commentare la fine del cinghiale per non rischiare di doversi guardare allo specchio e trovarsi ricoperti di un ispido manto nero e sembianze porcine. A livello nazionale si potrebbe iniziare da una discussione sulle preferenze. Quattro direttori uniti per far dimettere un politico, ma nessuno che sposi convintamente il tema delle preferenze, nonostante la chiarezza del pronunciamento della Consulta. Una vergogna inaudita! Qui da noi potrebbe allora partire una riflessione sulla possibilità che in Calabria le preferenze non siano applicabili dal momento che hanno significato, per anni, lo scambio scellerato di pacchetti di voti per favorire le carriere dei soliti noti. Ma la Calabria non è paradigma dell'intera Italia e anche su questo bisognerebbe iniziare a discutere: cosa siamo noi, una zona franca della democrazia? Principi sacrosanti come la scelta di un candidato da eleggere, da noi sono veramente agibili come in Piemonte? Non abbiamo tutte le risposte, ma mai le avremo se non iniziamo a farci delle domande. A Cosenza come a Roma, a Catanzaro come a Milano, a Reggio come a Napoli la musica cambierà solo e soltanto quando la stampa si renderà davvero libera tanto da condizionare le scelte della politica, smettendo di fare il gioco del potere, rispetto al quale è comunque soccombente. Se ne faccia una ragione. E si riprenda il ruolo che le spetta.
Sergio Nucci
Consigliere comunale di Cosenza